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DETERMINAZIONE E PUNTIGLIOSITA' SONO I MIEI PREGI E I MIEI DIFETTI

Le mie corse, la mia vita

mercoledì 20 ottobre 2010

Ecomaratona del Chianti





Domenica ho corso la mia prima eco maratona.
Ero andato lì nel Chianti principalmente per rivedere e conoscere delle persone con cui avevo avuto scambi virtuali qui su FB.
Ci siamo visti, abbracciati, conosciuti dal vivo, tutto molto bello, come mi aspettavo anzi anche di più.
Emozionante, una sola serata ed un'altra mezza giornata la domenica mi è bastato per dare una conferma a ciò che pensavo, brave persone con cui condivido molto, GRAZIE A TUTTI VOI DI TUTTO.
Ritornando all’ecomaratona avevo corso solo massimo 27 km su terreni sterrati quindi non era preparato per una 42.
Per me poteva essere un lungo per prepararmi alla 100 del Sahara e penso che mi sia servito.
Oggi che è mercoledi posso dire che ha lasciato dentro di me più di quello che mi aspettavo.
Una ecomaratona dà delle emozioni diverse dal solito, il panorama cambia spesso, non sai mai cosa ci sai dietro la curva, dopo la discesa, in fondo a quel viale.
Il ritmo non può essere impostato, tutto deve essere a sensazione, il cuore, la testa, sono loro a comandare il tutto e non si può spingere troppo proprio perché c’è sempre una sorpresa che potrebbe essere fatale dietro l’angolo.
Ripeto questa è la mia prima, ma se dovessi scegliere tra una maratona ed un'altra eco non avrei dubbi ritornerei a rifare una 42 nei campi, tra i monti nel fango.
Sembra assurdo ma quando mi stavo rendendo conto che era quasi la fine ne ero dispiaciuto, avrei voluto altri km, altri scorci, altri borghi prima lontani e poi che si avvicinavano sempre più.
L’immagine che più mi è rimasta impressa è quella scala nei campi, bellissima, sembrava andare in paradiso, qualcosa di irreale.
Come lo sarà sicuramente il deserto.
LA MIA PROSSIMA AVVENTURA

mercoledì 2 giugno 2010

VIAGGIO LONDRA 12/04-18/04/2010


Questa avventura inizia male già dall’inizio.
Numerose le titubanze che facevano già presagire un viaggio non proprio rilassante: prima l’indecisione su chi dovesse partire tra me e mio fratello Pino per andare a parlare con questo nostro cliente di Londra, e poi il fatto che Vittorio (il mio compagno di sventura) sarebbe dovuto partire nella stessa settimana per il Belgio.
Pino sarebbe tornato la domenica sera dalla crociera, quindi è toccato a me partire alla volta di Londra il lunedì mattina accompagnato da Vittorio che non si è fatto fermare dai suoi altri impegni.
Alle 13:30 di lunedì con un panino nella mano e il volante nell’altra passo a prendere Vittorio: direzione Fiumicino.
È in aeroporto che inizia la lunga serie di imprevisti che ci avrebbe accompagnati da lì a quattro giorni: Vittorio si rende conto di aver dimenticato la carta d’identità. L’aereo successivo c’era alle 19 con supplemento di 500 euro, poi alle 21 con una differenza di circa 155 euro a persona: decidiamo di dividerci. Io inizio ad andare e lui aspetta che gli portino la carta d’identità.
Atterro a Londra in orario, prendo un taxi (ben 61 sterline!), arrivo in albergo, lascio i bagagli e affamato mi avvio alla ricerca di un ristorante. Senza nessuna voglia di sperimentare cibi inglesi cerco un nome familiare, e lo trovo: ristorante Mondello.
Mentre io gustavo il mio bel piatto di pasta Vittorio era sull’aereo delle 21.
Il nostro viaggio di lavoro prosegue bene fino al giorno della partenza, cioè giovedì.
Giovedì mattina mi sveglio un po’ prima di Vittorio, accendo la tv e sento, cioè vedo dai titoli in sottoimpressione che avevano chiuso alcuni aeroporti del nord Europa, tra cui la Scozia e 2 aeroporti al nord di Londra, ma non il nostro. Causa: un vulcano in Islanda stava eruttando e propagando del fumo nel cielo che avrebbero dato problemi ai reattori degli aerei. Non ci do molto peso.
Dopo colazione, ci avviamo all’aeroporto di Heartrow. Nella metro parlo a Vittorio della notizia sentita al telegiornale, anche lui non gli da troppa importanza.
Arrivati in aeroporto, notiamo subito qualcosa di strano: gli addetti al ceck-in erano in mezzo alle persone e non dietro lo sportello come al solito. Dopo poco il responsabile dell’Alitalia ci fa sapere che a mezzogiorno avrebbero chiuso anche quest’aeroporto e che di lì a poco ci sarebbe stato un comunicato ufficiale. Ne arrivano due, uno dopo l’altro, ma non ci chiariscono per niente la situazione. Quello che era sicuro è che l’aereoporto sarebbe stato chiuso, ma nessuna notizia sulla sua riapertura. Si scusavano dell’accaduto dicendo che non dipendeva da loro.
Alcuni funzionari della stessa Alitalia ci dicono di aspettare almeno fino alle 13 per capire meglio. Nel frattempo chiamiamo Moira, la nostra interprete di società, chiedendole di trovare un sistema alternativo (treno, auto..), ma voci di corridoio parlavano di una possibile chiusura anche del tunnel della Manica.
Vittorio ed io spaesati e indecisi sul da farsi, decidiamo alla fine di prenotare di nuovo 2 stanze nell’hotel che avevamo appena lasciato. Quel pomeriggio decido di fare la cosa più bella di tutta la spedizione: una corsa per Londra. Per fortuna non lascio mai le scarpe da jogging a casa… Guardo sulla cartina e mi avvio verso l’HIDE PARK. Spettacolare!!
Tornando in albergo accendo la TV che non dava buone notizie: gli aeroporti sarebbero stati chiusi fino alle 19. Dopo poco la chiusura viene prolungata all’una del venerdì e in serata un nuovo aggiornamento dà la chiusura fino alle 19:00 del venerdì. Sconforto totale!
Il giorno dopo inizia la vera avventura. Anche contro l’opinione di Moira e di altri che ci sconsigliavano di partire allo sbaraglio, io e Vittorio ci eravamo svegliati con la determinazione di partire e andare via da Londra, in qualsiasi modo, anche a piedi, non avremmo ripetuto l’errore del giorno precedente che ci è costato tantissimo.
Facciamo una colazione abbondante e ci avviamo verso la METRO-UNDERGROUND linea rossa + linea blu “Piccadilly line” fino a King’s cross St.Pancras. Qui prendiamo il TRENO per Dover Priory, unica opportunità per arrivare al sud verso la manica, visto che i treni a lunga percorrenza erano tutti completi fino a boh..
Arriviamo a Dover alle 12 circa. Per raggiungere il porto abbiamo dovuto CAMMINARE per più di mezzora. Al porto ci aspettavano due file, una per prenotare i biglietti del traghetto e l’altra per prenderli. Per la fila del ritiro biglietti sbaglio compagnia di navigazione (no P&O Ferries ma SeaFrance), quindi dopo essere arrivato al mio turno devo rifare la fila da un'altra parte.
Finalmente con i biglietti in tasca saliamo sull’AUTOBUS che ci avrebbe portato al TRAGHETTO per Callais.
Il tratto di navigazione dura circa un’ora, cioè dalle 16 alle 17 ma con l’effetto del fuso orario diventano le 18.
Giunti a Callais ci spostiamo a Callais Ville in TAXI, qui prendiamo il TRENO fino a Callais Frethun, una piccola e tranquilla stazione moderna nella campagna francese. Il treno per Parigi partiva alle 22:02: c’era da aspettare, ma la cittadina non offriva grandi attrazioni, quindi ceniamo nella stazione servendoci dal distributore di bevande e snack. Il treno ha portato prima 30 e poi 40 minuti di ritardo.
Arriviamo a Parigi intorno alla mezzanotte. Dopo aver avuto indicazioni su come raggiungere Gare de Lyon da Ivana la moglie del nostro commercialista che è francese, prendiamo la METRO: linea D verde per 2 fermate. A Gare de Lyon troviamo le biglietterie chiuse.
Guardiamo sul display della biglietteria elettronica: fino all’indomani alle 6.30 nessun treno. Demoralizzato e arrabbiato decido, contro il volere di Vittorio che sarebbe voluto andare in hotel, di andare in un'altra stazione che ci era stata indicata da Ivana come alternativa: Gare de Berly. Non essendo tanto lontana ci avviamo A PIEDI: qui non erano chiuse solo le biglietterie, anche la stazione!
Lo sconforto prende il sopravvento, ma per poco! Troviamo subito un’altra stazione sulla cartina, probabilmente quella centrale: Gare de Montparnacce. Ci arriviamo in TAXI: anche qui tutto chiuso. Appena sceso dal taxi, a poche decina di metri mi accorgo di non avere più il portafoglio! Sconvolto guardo verso il taxi, era ancora lì, lascio tutto a terra e corro: era sul fondo del taxi, mi era caduto dopo aver pagato. Per un pelo…
Intanto si erano fatte le 3 e le stazioni aprivano alle 5. Che facciamo i barboni fuori al freddo? pensiamo di entrare in un pub per stare più caldi e mangiare qualcosa. Lì vicino ce n’erano 3, entriamo in quello più tranquillo. Mangiamo 2 pezzi di torta di mele, io prendo un bicchiere di birra e Vittorio un caffè: cena o colazione?non si sa!
I camerieri ci chiedono in mezzo inglese e mezzo francese dove eravamo diretti e ci dicono che la stazione per andare a Lione era quella di Gare de Lyon, la prima che avevamo visto. Uff!
Per raggiungerla ci consigliano di prendere il BUS numero 02, che passava proprio lì vicino. Seguiamo il consiglio.
La stazione aveva aperto, ma le biglietterie ancora erano chiuse. Apprendiamo dai display delle biglietterie elettroniche che i treni diretti a Roma, Milano, Torino ecc. erano già tutti completi. Accorciando la distanza l’unico posto dove conveniva andare era Lione.
Quindi aspettiamo che aprano le biglietterie. Il tempo passa e non arriva ne personale delle biglietterie ne altri clienti come noi. Ci insospettiamo: guardandoci bene intorno vediamo scritto su una colonna che altre biglietterie si trovavano al piano superiore. Corriamo su: davanti alle biglietterie ancora chiuse già c’era gente, ma poca. Ci mettiamo in fila, io in una e Vittorio in un'altra. Quando aprono le due file diventano una sola e Vittorio si trova davanti a me, quindi continua la fila lui.
Il treno c’era alle 06:54: l’orario si avvicinava inesorabilmente, la tensione saliva! Arriva il turno di Vittorio che durante l’attesa aveva fatto amicizia con un negretto ghanese che parlava italiano e abitava a Bergamo. Non finiscono mai, ma che cavolo fanno pensavo. Ho subito la risposta: le loro carte di credito non passavano, Vittorio mi chiede la mia. Passa!
Via verso i treni, scendiamo al piano inferiore. Guardiamo sul display dei treni in partenza, il nostro è al binario C. Intorno a noi solo numeri, dove sono queste lettere? Al piano superiore. Voliamo per le scale, vedo il binario C, correndo arrivo prima degli altri (chiaramente..), tocco il treno, ma stava già partendo. Perso!
Aumenta la depressione e l’incazzatura. L’unica consolazione è che i treni per Lione ci sono ogni mezzora. Però dobbiamo cambiare la prenotazione, perché i posti sono assegnati. Vittorio e il nostro nuovo compagno di avventura si avviano verso la biglietteria, io aspetto al binario. Ritornano dopo 15 minuti senza aver cambiato i biglietti, perché quella che inizialmente era una fila era diventata un mucchio di persone che riempiva una stanza di minimo 1000 metri. Il tempo di attesa era troppo lungo per i nostri orari..
Decidiamo di salire lo stesso sul TRENO delle 07.24 al binario A, arriviamo alle 09.25 a Lione.
Ci troviamo a un bivio: andare verso sud (Liguria) quindi Nizza o Marsiglia alle 12 oppure verso est rotta Torino/ Milano alle 11.38. Avendo tempo, consultiamo Moira e Pino. Optiamo per la seconda opportunità.
Alle 11 il puzzle era fatto: Lyon-Chambery; poi Chambery-Modane; per superare il Frejus Angelo Almonte, nostro cliente/fornitore che si trovava da quelle parti, ci avrebbe accompagnato in auto fino a Torino (soluzione suggerita da Pino); a Torino alle 21:57 ci aspettava un treno prenotato da Moira che sarebbe arrivato a Roma intorno alle 6 di domenica. Già solo sentire nomi di città italiane ci faceva sentire meglio. Ci sarebbero volute 24 ore per fare tutto il tragitto ma almeno avevamo trovato una soluzione, mi scappano le lacrime.
Quindi compriamo il biglietto da Lyon a Chambery. Cerchiamo di capire da dove partirà il treno, ma non c’era nessun treno, perché in realtà avremmo dovuto prendere l’AUTOBUS. L’autolinea si riconosceva dal mare di gente che la circondava. Troviamo il nostro autobus e saltiamo su: 1 ora e mezza di tragitto.
A Chambery erano ormai le 13.10, mangiamo un panino in un bar: al nostro gruppetto si aggiunge un signore di Torino, un’altra persona con cui condividere le sciagure! Ormai esperti nell’acquisto di biglietti dalla biglietteria elettronica, compriamo quello per Modane. Aspettiamo e saliamo sul TRENO. Un po’ si sonnecchia un po’ si guardano i paesaggi, ci scappa anche qualche foto. Dopo circa un’altra ora e mezza di viaggio arriviamo a Modane, paese in montagna contornato dalle Alpi piene di neve.
Qui Angelo ritarda perché all’entrata del tunnel del Frejus c’era la coda. Poco male, avevamo tempo: il treno per Torino c’era alle 22. Arriva con l’AUTO dopo ¾ ora e dopo circa due arriviamo a Torino. Finalmente in ITALIA! Angelo ci lascia per un appuntamento. Dopo aver aiutato il ghanese a trovare una soluzione mandandolo sul treno per Milano, salutiamo lui e il nostro amico torinese. Di nuovo soli Vittorio ed io, andiamo alla ricerca di un bel ristorante per mangiare finalmente seduti ad un tavolo qualcosa di buono. Troviamo il ristorante da Mauro: tutto buono! Ma tanto se non era buono era la stessa cosa…
Arrivati alla stazione, attendiamo che ci aprono le porte del TRENO che già era là un ora e mezza prima. Entriamo in un vagone con 2 letti a castello: Vittorio quasi subito si mette a dormire, mentre io scrivo, anzi riscrivo questa storia. Mi addormento verso le 23.30.
Arriviamo a Roma alle 05.50 (anche in anticipo!). Cerchiamo il binario per Fiumicino che era nella parte opposta della stazione. Acquisto il biglietto alla solita biglietteria elettronica, nel frattempo il TRENO delle 05.50 parte. Aspettiamo il successivo delle 06.22, rassegnati ma ormai convinti che il nostro viaggio stava giungendo al termine.
Approdati a Fiumicino prendiamo l’AUTOBUS SHUTTLE che ci porta al parcheggio lunga sosta, dove prendiamo l’AUTO. Direzione CASA. Ci fermiamo a fare nafta a Pomezia e poi da Egidio a prendere io un panino con prosciutto e mozzarella con un bicchiere di aranciata e Vittorio un caffè. Proseguiamo.
Accompagno Vittorio a casa sua e io mi dirigo verso la mia. Arrivo a Fondi alle 09.40. Il tempo di cambiarmi e poi dritto al magazzino: arrivo, poso la macchina e alzo le braccia al cielo gridando E VAI CE L’HO FATTA!!!
RISULTATO
17 MEZZI DI TRASPORTO UTILIZZATI + 1 (le nostre gambe)
48 ORE DI VIAGGIO
10 CITTÁ ATTRAVERSATE
1 STORIA INCREDIBILE E SPERO UNICA DA RACCONTARE RIDENDOCI SOPRA (ORA)

martedì 1 giugno 2010

IL MIO PASSATORE 2010


Sei mesi fa non avrei mai creduto di ricorrere al Passatore,
Non era assolutamente tra i miei programmi sportivi.
A metà novembre penso, domenica 6 dicembre non lavoro, quindi quasi quasi corro la maratona di Sabaudia, In 3 settimane che restavano posso correre qualche lungo.
Nel frattempo stavo iniziando gli allenarmi di avvicinamento alla maratona di Roma di marzo con Fabiola.
Appena saputo della mia idea di correre a Sabaudia anche lei si è entusiasma all’idea e l’abbiamo corsa insieme.
Bellissima esperienza per lei e anche per me.
Chiusa in 3H27’ ed un manciata di secondi.
Grande Fabiola.
Passa l’inverno tra vari problemi fisici, mentali e personali e tac qualche settimana prima della maratona di Roma inizio a pensare al Passatore, lo mantengo dentro di me, poi lo accenno a pochi amici.
Arriviamo al 21 marzo, unica la maratona di Roma, per me la più bella in assoluto.
Unica anche perchè corsa con Fabiola, che dopo tanti inconvenienti avuti durante i mesi invernali è riuscita a chiuderla in 3H23’10’’ gran tempo.
Bravissima Fabiola.
Il giorno stesso della maratona di Roma, in auto alla stazione Termini annuncio la mia idea ai miei amici di viaggio Fabiola, Michele, Pietro, Gianluca e Luca, nessuno la prende sul serio.
Così senza allenamenti specifici vai alla 100 ? no nessuno ci credeva,
- IO SI - Dentro di me sentivo questa voglia irrefrenabile di correre libero, come si corre solo al Passatore.
Gli allenamenti li porto avanti con molte difficoltà, problemi di lavoro, non riesco a trovare il tempo, una settimana salta per un viaggio di lavoro a Londra, poi 2 lunghi 1 di 46 km l’altro di 57 km e cmq arriviamo al 29 maggio mattina a Firenze.
La sensazione che più percepisco a stare in piazza Santa Croce è il condividere l’esperienza con tanti podisti come me, che possano capire tutta l’essenza di quest’avventura.
Telefono a Giuseppe Lauria, un simpatico amico conosciuto tramite face book non per il Passatore ma per la 100 km del Sahara, sempre sorridente e con un segreto che non posso svelarvi, sei unico Giuseppe.
Ore 15 pronti, partenza, via, si parte, ognuno con la propria unicità e semplicità, si chiacchiera con il podista che si trova per caso lì vicino, non importa chi sia, ma una parola si scambia sempre.
Io avevo il Garmin che ancora non aveva il segnale, quindi chiedevo l’andatura con cui stavamo procedendo.
Dopo 2,2 km arriva il segnale GPS, ma intanto io badavo più ai battiti, non all’andatura, dovevo stare sotto i 140 e non ci riuscivo, il caldo era arrivato da pochi giorni quindi anche se non insopportabile faceva aumentarli.
La strada inizia a salire poi a scendere poco poco, in questo tratto di saliscendi mi intrattengo a chiacchierare con un podista che ora scrutando le classifiche individuo il suo nome Galimberti Andrea la particolarità di Andrea è che per la 20° volta corre il Passatore ed oltretutto il sabato prima si era cimentato nella nove colli running solo 202 km, mi sento piccolo piccolo; al ristoro successivo ci perdiamo di vista.
La strada risale, per arrivare alla vetta delle Croci, in questo tratto da lontano noto una donna vista alla partenza, riconosco la divisa è Luisa Zecchino, vincitrice della 100 km del Sahara del 2009, procedeva a passo, la affianco, che fai ? come mai ? che succede ? mi risponde con uno sguardo spento ed abbattuto, la testa, la testa non c’è. La incito, dai forse sei partita troppo forte, andiamo ad un ritmo più lento ma non cedere, non è da te.
Sei un mio mito, non cedere, fallo anche per me, cerco di risollevarla in tutti i modi, gli parlo della 100 del Sahara per non farla pensare alla gara, dopo pochi km si blocca di nuovo, cerco di incitarla di nuovo, ma non va, dispiaciuto mi allontano piano piano al mio ritmo,
Scendiamo fino a Borgo San Lorenzo, passiamo in centro, bellissimo anche questo tratto.
Appena lasciato Borgo vedo quel ponte che mi fa pensare all’inferno della Divina Commedia, lasciate ogni speranza voi che mi passerete.
Si, da quel punto si inizia a salire, dapprima meno ripidamente e poi come dei stambecchi, piano piano.
Non si sente parlare molto in questi tratti, tutti immersi nei propri pensieri, mancano ancora 60-65 km, chissà come andrà a finire, intanto l’importante è finire la salita, ma non finisce più ?
Ci siamo, eccola lì, la fine della salita, la foto di rito, 2 bicchieri nelle mani, Sali minerali e the caldo, qualche metro a passo mentre si inizia a scendere, l’auto, il cambio maglietta, e giù, si inizia a scendere, da qui ho la sensazione di poterla concluderla anche questa volta, non sono molto stanco.
Si scende al ritmo di 5’ – 4’50’’ – 4’40’’ – 4’30’’ ah, ah, che cavolo succede, un accenno di crampi al polpaccio sinistro, porca miseria sali minerali, acqua, the, barrette di carboidrati, non mi sono fatto mancare nulla in tutti i ristori, perché ? cmq sono eccoli qua, quindi devo decidere il da farsi, intanto rallento, ritorno a 4’50’’ vedo un ambulanza, chiedo per un massaggio, mi dicono tra 2-3 km, aspetto il ristoro del 55 km mi dicono più avanti, al prossimo ristoro mi dicono a Marradi, faccio finta di piangere, ma che mi state prendendo in giro ? ridendo, io lo sapevo che a Marradi c’era la tenda massaggi, avendone già usufruito nel 1999.
Intanto il crampo resta tranquillo là, però devo mantenere il ritmo lento,appena lo dimentico ritorna, che faccio massaggi o no.
Decido di farli, intanto riposo anche un po’, sto 15’ al di sotto delle 10 ore con la media di 6’ a km, e poi l’importante è arrivare, e ne sono sempre più convinto, anche con i crampi.
2 massaggiatori cercano di rimettermi a nuovo, o quasi, riparto, ma che fatica a ripartire, prima a passo poi inizio a correre, sembra andare meglio, arriva la notte, buio, la lampada da minatore, metro dopo metro si va avanti, ristoro dopo ristoro, divido la corsa in tanti 5 km.
Sento i passi di un podista che va più veloce di me, mi sposto sulla sinistra e gli dico di passare, lui mi risponde, no vorrei restare qua, io sono al buio, dalla pronuncia percepisco che sia delle mie zone, gli chiedo di dove sia e lui mi risponde di Cassino, porca miseria allora sei Antonio Di Manno, si perché ? io sono Stravato Marco, che coincidenza ci eravamo scritti pochi giorni prima.
Restiamo insieme, cioè lui resta con me, essendo lui più veloce, ma essendo la prima 100 lui decide di condividere con me i prossimi km.
I crampi ritornano imperterriti, Antonio ha un ritmo più veloce e naturalmente va a 5’ io lo seguo ma i crampi che sono arrivati anche al polpaccio destro non mi fanno andare a meno di 5’30’’, quindi anche lui rallenta, arriva il 75° km, inizia l’avventura anche per Pietro che da programma mi accompagnerà fino alla fine.
Ora siamo in 3, chiacchieriamo del più e del meno, per far passare tempo e km, arrivano continuamente telefonate, che bello sentirvi vicini, inizia il conto alla rovescio dei ristori ne restano solo 4, ad ognuno mi fermo bevo acqua, sali e riparto a passo con un the caldo, siamo ancora sotto le 10 ore.
Il mio limitatore di velocità passa da 5’ a 5’15’’ non posso andare al di sotto di questa soglia, altrimenti arrivano i crampi.
Per il resto tutto bene, mi sento alla grande, nessun altro problema, mai sentito così in nessuna delle precedenti edizioni corse.
Pietro e Antonio continuano a correre tratti a 5’ e tratti a 5’30’’ per aspettarmi, quando mi distraggo anch’io vado a 5’ ma poi i polpacci me lo ricordano.
Prima dell’ultimo ristoro Antonio, dopo che per tante volte glielo avevo detto decide di corrersi gli ultimi km da solo, giusto così.
Mancano 3 km, 2 km l’euforia arriva, inconsapevolmente accelero, ma il limitatore passa a 5’30’’ ogni passo un crampo sia a sinistra che a destra, che faccio, no ora no, non voglio finirla strisciando, vado a passo fino al cartello del 99, gli mando un bacio ed inizio a correre, è fatta, vado anche sotto i 5, ma i crampi mi fanno correre male, non mi frega ma devo correre, non posso arrivare camminando, eccola la luce là in fondo, la vedo è la luce dell’arrivo della Piazza, ci lasciamo a pochi metri dal traguardo con Vincenzo e Pietro e sento qualcosa alla gola di chi sta per iniziare a piangere.
Sono arrivato, siamo arrivati Fa, ci sei anche tu con me all’arrivo in quel telefono, grazie Fa, grazie a te, grazie a Vincenzo con la bici sempre al mio fianco, Pietro 25 km di piacevole compagnia, Michele le foto indispensabili e per l’auto di scorta, la mia famiglia, Chiara, Riccardo, mia moglie Laura per le continue telefonate e per essermi stati sempre vicini anche contro tutto e tutti in tutte le edizioni fatte finora, mia sorella Marialucia forse preoccupata insieme a mia madre, come al solito con la lacrima facile, Elisa conosciuta ultimamente e con cui condivido a pieno la mentalità dello sport e della corsa, Gianluca per la vicinanza telefonica e mentale fino all’ultimo km e con cui l’anno prossimo correremo sicuramente questa 100, Luca che mi ha caricato già da molto tempo prima, Vittorio che mi è stato vicino col cuore telefonando a me ed a Michele e grazie anche a tutti gli altri che mi hanno sostenuto e pensato.
Grazie anche a chi ha corso questa 100 e che ho conosciuto per queste strade per la prima volta.
Giuseppe Lauria 18.22.52
Andrea Galimberti 13.31.26
Luisa Zecchino 10.56.43
Antonio Di Manno 09.39.15

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